IX PERIEGESI – Diario Epiro, Itaca, Corfù e Trikala
29 Agosto – 7 Settembre 2009
I luoghi: Atene, Loutraki, Heraion di Perachora, Istmia, Cencre, Bagno di Elena (Loutras Elena), Calydon, Missolongi, Astakos, Itaca: Alalkomene, Vathy, Lefky, Stavros, Baia di Polis, Scuola di Omero, grotta delle ninfe, baia di Forkis (Dexa Beach), fonte Aretusa, traghetto a Piso Aetos verso Astakos, Nicopoli, Preveza, Nekromanteion, Parga, Dodona, Igoumenitza, Corfù: villa Mon Repos, Paleokastritsa, costa Nord di Corfù.
Igoumenitsa, Meteore, Trikala, Asclepeion di Trikala, Atene.
Partecipanti: Alberto, Anna, Astrid, Carla, Daniela, Franco, Laura, Marco, Mesa, Nicoletta O., Nora, Plinio, Primo, Riccardo e Teresa.
Sabato 29 agosto. Arrivati all’aeroporto di Atene noleggiamo due pulmini Volkswagen, uno blu e uno bianco. Ci spostiamo subito verso Loutraki nel golfo di Corinto, trapassando lo spessore dell’istmo. Di là la costa è bella e fiorita. Imbocchiamo la strada di Perachora puntando subito al promontorio dove c’è l’Heraion. È una bellissima punta col faro, e dall’alto si gode un panorama splendido sul golfo; di fronte a noi l’Acrocorinto segnala con la sua mole il sito dove sorgeva l’antica città. Corriamo subito a fare il bagno, prima che il sole tramonti. Le vestigia degli edifici sacri e del tempio di Era sono proprio in riva al mare; poco sopra si trova una grande cisterna absidata. Ci tuffiamo quasi tutti nell’acqua blu scura proprio di fronte a Corinto, che è di là, sulla costa dirimpetto a noi. Sommariamente asciugati, saliamo in alto a leggere sotto una tettoia, e poi più su a guardare l’ampio panorama e il tramonto del sole sul golfo, seduti sulle rocce. Ma una tenda di nuvole appare minacciosa all’orizzonte. Troviamo un ristorantino sul lago interno per cenare e poi filiamo nel nostro albergo di Loutraki (Hotel Pappas). Dall’alto della terrazza sul mare si ammirano le luci che punteggiano tutta la costa, e s’indovina l’imboccatura del canale tagliato artificialmente. Ma passano pochissime navi. Le piccole onde battono sulla spiaggia sottostante, nascosta da una rigogliosa vegetazione e da alberi fioriti; barche da pesca e da diporto solcano l’acqua sotto di noi. Il clima è caldo e asciutto.
Domenica 30 agosto. La mattina il sole sorge proprio dall’istmo e illumina l’Acrocorinto. Traversiamo il ponte sul canale e arriviamo a Istmia, dove si tenevano i giochi Istmici. Il locale museo archeologico è chiuso perché è domenica, ma dalla rete di recinzione scorgiamo molte emergenze; vediamo anche il luogo dello stadio e soprattutto possiamo ammirare il grande muro eretto sull’istmo nel 480 contro i Persiani. Alla fine ci volgiamo verso Cencre che era il porto (un po’ secondario) di Corinto, quello affacciato ad est, sul golfo Saronico. Le strutture portuali hanno lasciato poche vestigia. Ci avviamo lungo spiaggia alla ricerca del bagno di Elena (Λουτρό Ελένης). Solo alcuni lo troveranno, gli altri si arrendono alla fatica di camminare sotto il sole e si fermano a fare il bagno all’altezza di un bar che fornisce preziosa ombra; per questo il gruppo si sgrana. Peccato perché il Bagno di Elena era bellissimo, con una polla d’acqua dolce che sgorga limpida in mare. Dopo mangiato si riparte sull’autostrada verso ovest, alla ricerca di Rio e del nuovo ponte che unisce le due sponde del Golfo di Corinto. Astrid è alla guida del pulmino blu. La costa nord dell’Acaia è bella, strani e improvvisi valloni rocciosi si aprono come canyon verso l’interno montuoso. Imbocchiamo il bellissimo ponte nuovo sullo stretto, che ha reso obsoleti i piccoli traghetti che facevano una volta la spola qui, tra Rio e Antirio. Questo passaggio porta anche a Naupatto, che altro non è che Lèpanto, dove fu sconfitta la flotta turca. Ma noi voltiamo a sinistra alla ricerca di Calydon. Il paesaggio è giustamente selvaggio e pieno di macchia mediterranea, adatta ai cinghiali. Il sito archeologico è incustodito e comprende uno strano spazio a gradinate, che non è un teatro, perché è quadrangolare, coi gradini che si incontrano ad angolo. Un luogo da cacciatori, sacro a Artemide.
Corriamo infine attraverso l’Etolia a Missolongi, all’albergo Theoxenia, davanti alle grandi paludi. Non si può non parlare molto di Byron, della sua morte in età giovanile e dei suoi versi, e di come finì tragicamente l’assedio di Missolongi nel 1826. Ci ripromettiamo di visitare il piccolo museo della resistenza greca. Intanto per cena troviamo un minuscolo ristorante nelle vie del centro, dove ci accoglie una vivace ragazza bruna. Non si spaventa del fatto che siamo ben 15 (deka-pende). Infine mangiamo piacevolmente coi tavoli in mezzo alla strada.
Lunedì 31 agosto. Solo pochi riescono a visitare al mattino presto e assai velocemente il museino del risorgimento greco. Poi partiamo per Astakós traversando una bella e tranquilla campagna, con colline punteggiate di querce, grandi oliveti e diverse vigne. Credo che siamo in Acarnania. Astakós è un piccolo porto coi pescherecci, qualche imbarcazione ha due grandi occhi apotropaici dipinti a prua. Una grossa barca blu si chiama Danae (Δαναη). Lungo mare ci sono diversi caffè, dove ci sediamo contenti. In un negozietto vicino una gentile signora acarnese ha venduto a Nicoletta un cappellino di paglia, indispensabile in questi climi. Il nostro traghetto, che si chiama “Ionion Pélagos”, parte alle 12.15 alla volta di Cefalonia e Itaca. La traversata è memorabile per la bellezza. Il mare blu intenso lambisce coste e scogli deserti, unisce le isole; si costeggia la parte meridionale di Itaca prima di attraccare a Sami, Cefalonia. Due vele passano lungo gli scogli dell’isola, fra la striscia color smeraldo dell’acqua che orla le rive e la superficie turchina del mare profondo. Cefalonia appare graziosa, anzi bellissima coi suoi dolci pendii punteggiati di cipressi. Nel porto di Sami sono all’ormeggio diversi yacht che battono bandiera britannica. Un piccolo cimitero bianco appare in alto, a sinistra dell’abitato. Quando la nave si stacca dal porto appare bene lo stretto fra le due isole, dove i Proci avevano teso l’agguato a Telemaco.
“I più forti fra i Pretendenti sono in agguato nello stretto fra Itaca e Same rocciosa: vogliono ucciderti prima che tu raggiunga la patria. Dalle isole tieni lontana la nave ben costruita e naviga di notte senza fermarti: ti spingerà il vento mandato dal dio che ti custodisce e protegge. Appena avrai toccato la prima punta di Itaca, manda in città la nave e tutti i compagni e tu rècati subito dal guardiano di porci, che ti custodisce le bestie e ti è sempre fedele.” (Od. XV)
Ci dirigiamo verso Piso Aetos (Πίσω Αετος), un attracco sul lato ovest di Itaca. Non è un porto, né un paese: c’è un’unica casetta, nessun molo, solo una spianata dove si appoggia la bocca del traghetto, che si ferma solo per pochi minuti e subito riparte. Lì intorno le acque verdissime carezzano le scogliere. Saliamo su per la stradina che s’inerpica con stretti tornanti tra gli olivi nel fianco del monte, fino alla sella che divide in due l’isola: appena scollinato si vede il mare dall’altra parte, con le baie turchesi del lato orientale. Su questa sella – istmo è collocato in posizione strategica il sito archeologico di Alalkomene, che secondo Schliemann poteva essere il luogo del palazzo di Ulisse. Infatti è un punto di vedetta che controlla i due mari. Ma ora questa ipotesi è abbandonata. Restano comunque in alto tracce di grosse mura che cingono il cocuzzolo sovrastante. Scendiamo di là verso l’abitato di Vathy (Βάθυ). Itaca è tutta verde, petrosa ma non brulla, piena di olivi, cipressi e folti cespugli di macchia mediterranea. Arriviamo lungo mare alla baia di Forkis (attuale Dexia), a cui sta davanti, come un grosso puntino sulla “i”, un isolotto rotondo. Si apre infine ai nostri occhi il bellissimo paese di Vathy, ricostruito per benino dopo il tremendo terremoto del 1953. L’acqua è profonda, possono attraccare anche i traghetti; il porticciolo grazioso, le case basse e rosate. Il nostro Hotel Mentor è molto carino nella sua semplicità. La colazione è servita sulla terrazza all’aperto.
Dopo i primi giorni caldissimi ci lasciamo ristorare dal clima più fresco, asciutto e ventoso di Itaca. Nel pomeriggio andiamo subito verso nord a Stavros. Scendiamo prima al mare nella baia di Polis, dove è alla fonda qualche yacht nelle acque cristalline. Nuotando notiamo dal mare i pendii ombrosi che chiudono la spiaggia da nord, e in quell’angolo gli archeologi hanno trovato tracce interessanti di un possibile ripostiglio di età micenea. Si ipotizza perciò che qui i Feaci abbiano lasciato Ulisse coi dodici tripodi, anziché nel porto di Vathy o nella baia di Forkis. Per arrivare fin qua la strada sale alta sui fianchi del monte Nerito, proprio davanti a Cefalonia che ci appare in tutta la sua lunghezza lì accanto. In quella bella collocazione elevata sta il minuscolo villaggio di Léfki, in posizione invidiabile, che noi attraversiamo. Si vede bene dall’alto lo stretto fra Itaca e Same. Da Stavros poi seguiamo il cartello per il sito della “Scuola di Omero” (nome invero un po’ sibillino). Ma la cosa si fa interessante perché fra i pietroni ciclopici incontriamo un’archeologa greca che sta scavando e spera di trovare ‘il palazzo di Penelope. Anche di quassù infatti si dominano i due mari, la visuale spazia da oriente a occidente; sarebbe quindi una posizione strategica per un palazzo. A sinistra si hanno magnifici scorci di costa intatta e mare blu. Tornati a Vathy, dove soffia d’infilata una brezza assai gagliarda, scegliamo di mangiare sul mare sì, ma dalla parte riparata dal vento all’estremità della baia. Assaggiamo un vinello locale sfuso, definito “vino di Laerte”; con questo nome indicheremo d’ora in poi quei vini un po’ cheap della casa, contrapposti a quelli in bottiglia e di qualità. A tavola a voce alta leggiamo un po’ del XIII dell’Odissea (incontro con Atena sull’isola). Le luci del paese si specchiano nell’acqua.
Martedì 1 settembre. La mattina alle 9 subito al museo archeologico, che è dietro al nostro albergo. Non è qui la presunta tavoletta in lineare A. Ma ci sono molte ceramiche interessanti del periodo di trapasso fra il sub-miceneo e il proto-geometrico, fino al geometrico e alla ceramica corinzia. Si vedono anche alcune steli funerarie di età ellenistica, di perfetta leggibilità. Ci muoviamo alle 10 coi pulmini per la grotta delle Ninfe. Lassù, in posizione panoramica davanti all’entrata naturale dell’antro, ci sediamo a leggere a voce alta il XIV: l’incontro di Ulisse con il porcaro Eumeo. Scendiamo poi alla baia di Forkis (Dexa Beach) dove ci fermiamo per il più bel bagno mai fatto. Sotto i grandi olivi che crescono in riva al mare stendiamo i nostri teli e ci tuffiamo nell’acqua blu e smeraldo. Nicoletta e Anna vanno a nuoto un bel pezzo al largo verso l’isolotto rotondo, ma poi puntano al promontorio, che toccano soddisfatte. Dietro agli olivi un baretto ci rifornisce di toast e caffè; ci sediamo all’ombra dei gelsi. Gli amici si informano su una casetta che sorge isolata dietro la spiaggia: costa 600.000 euro. Questa è un’insenatura da fiaba e ce la godiamo tutta.
Dopo il pranzo nel porto di Vathy, si parte alla ricerca della fonte Aretusa. Ma andiamo troppo avanti con le macchine e finiamo in una strada sterrata che ci porta su un bell’altopiano panoramico, dove dovevano essere gli stazzi di Eumeo che qui, sopra alla Pietra del Corvo e alla fonte Aretusa, probabilmente portava ad abbeverare le bestie. Lì ci facciamo una bella passeggiata sempre in vista del mare, nella campagna deserta. Infine incontriamo un signore viennese poliglotta che assomiglia a Tolstoj, con lunga barba bianca e un fisico da robusto camminatore montanaro. “Non sei mica Eumeo!” grida Riccardo abbracciandolo. È sceso dalla sua barca ed è salito a piedi fin quassù; ci indica il sentiero esatto per la fonte, che è molto più giù, vicino al mare! Non tutti vanno, perché il sole sta calando e c’è timore di essere sorpresi dal buio a ritorno, su un sentiero ripido e sconosciuto. Ma Primo, Astrid, Carla, Anna, Laura e Riccardosi avventurano giù per i costoni e tornano la sera in paese alle nove e mezzo stanchi morti, ma decisamente felici per aver visto posti bellissimi e interessanti. Quel sentiero in salita, forse, è quello che ha fatto Telemaco sbarcando nel sud dell’isola (di ritorno da Pilo), quando va subito a raggiungere le stalle di Eumeo (Od.XV).
Itaca è bella, non ancora sciupata dalla cementificazione che ormai purtroppo ha già distrutto Corfù. Per il momento il turismo è ancora d’élite: qualche barca a vela di inglesi, qualche intellettuale austriaco, a volte perfino qualche Periegeta vagante. Dio la conservi. Partendo Plinio continua a ripetere: ‘Me la immaginavo diversa, più brulla, e invece è verde!’
Mercoledì 2 settembre. Essendo oggi l’anniversario della battaglia di Azio, abbiamo per meta Nicopoli. Riprendiamo di nuovo il traghetto a Piso Aetos, dove aspettiamo l’imbarco seduti a ammirare la natura incantevole del luogo. Riccardo non resiste e si tuffa in mare a testa in giù, splash! Dall’altra parte un uomo sbatacchia sulle rocce un polpo appena pescato. Nell’attesa del traghetto ci mettiamo a leggere a voce alta il XXIII (riconoscimento finale di Ulisse e Penelope). Partiamo felici dall’isola beata.
Scendiamo di nuovo a Astakos; la strada ci porta lontano, lungo la costa dell’Epiro, bella e deserta. Sulla nostra sinistra si susseguono calette verdi. Infine giungiamo ad Azio e Nikòpolis. Qui Antonio e Cleopatra persero la battaglia navale decisiva, e Ottaviano prese tutto il potere. Visitiamo la città romana fondata da Augusto a celebrazione della vittoria, ora circondata da mura imponenti, di pietre e mattoni, molto ben conservate. Primo e Daniela ci illustrano con dovizia di particolari l’evento storico di Azio, meglio di un libro stampato. Pranziamo a Préveza, e nel ripartire c’infiliamo in una stradina sfortunata, dove a marcia indietro andiamo a sfregare leggermente una macchina lì posteggiata.
Proseguiamo verso nord fino all’Acheronte. Il fiume ricco di acque sbocca in mare attraverso una zona acquitrinosa, ma la costa è anche rocciosa. Poco all’interno sorge il famoso Nekromanteion. Si tratta di un complesso ampio e articolato, abbastanza ben conservato, in alto rispetto alla campagna circostante, che in antico era una sorta di lago. Le murature sono imponenti, costruite con tecnica quasi ciclopica. Non è chiaro a che epoca possano risalire questi muri fatti di enormi blocchi di pietra irregolari, incastrati, che ricordano perfino i massicci muri incaici del Perù (no, quelli sono ancora più grandi, dice Plinio). Se non sono di età micenea vuol dire che in queste plaghe nordiche si perpetuavano tecniche murarie molto antiche. Direttamente sopra ai ruderi antichi sorge una chiesa bizantina con affreschi. Visitiamo tutto, nella luce del tardo pomeriggio, e andiamo anche a fotografare il fiume Acheronte che scorre lento. Ma quello non era l’Acheronte! dice qualcuno: era il suo affluente Cocito. Sempre di fiumi infernali si tratta. La sera infine arriviamo a Parga, “la perla dello Ionio”, dove ci attendono tre bellissime spiagge costellate da isolotti e scogli molto scenografici. Ceniamo sul lungomare, in un posto dove il menù è scritto anche in svedese!
Giovedì 3 settembre. Il grosso del gruppo parte per Ioánnina e Dodona, mentre Nicoletta e Mesa, che c’erano state, restano pigramente a Parga, a godersi il mare e la spiaggia. Gli altri visitano il museo che conserva numerose tavolette oracolari del santuario di Dodona, e le moschee della città di Alì Pascià. La valle di Dodona è il luogo del culto delle querce, l’albero che trova una sistemazione definitiva nel culto di Zeus e Dione, suo pendant femminile in luogo di Era. Valle disabitata, verde e naturale, “incuneata tra i monti”, dove non è difficile immaginare una civiltà arcaica di pastori e gente dei boschi. Driadi e rami sacri di legno di quercia, con cui fu fatta la nave Argo. Il collegamento tra Iolko e Dodona, di là dai monti, non è chiarissimo, ma evidentemente la leggenda degli Argonauti è posteriore al culto della quercia, a cui attinge come a sfondo preesistente e ben noto. Siamo nel nord della Grecia: culto di Zeus e dei boschi, lontano dal culto di Era, Afrodite e simili dee provenienti da isole meridionali e da mari orientali. I periegeti si sdraiano all’ombra della quercia oracolare ad ascoltare lo stormire delle fronde.
La sera, a Parga, Marco e Alberto salgono fino alla bella fortezza che domina il piccolo promontorio, e ammirano il panorama dall’alto. Di nuovo cena sul lungomare, questa volta con lo show musicale di Riccardo e Alberto che ci coinvolgono nel coro su Dodona, cantato e ritmato in stile musical.
Venerdì 4 settembre. Nella fretta di partire per Igumenitza, riusciamo a compiere un misfatto: l’equipaggio del pulmino blu dimentica Daniela a terra! Devono tornare a prenderla all’albergo mentre noi li aspettiamo al bivio fuori del paese. Nel porto troviamo subito il traghetto in partenza per Corfù e lo prendiamo al volo. A bordo accanto a un grosso pope in nero c’è una bellissima suora ortodossa (?) col tocco in testa e il velo; o è la moglie del prete in costume? La voglia di fotografarla è tanta.
Una volta scesi a Kerkyra, ci destreggiamo nel traffico convulso della città e raggiungiamo il museo archeologico.Il pezzo forte è un frontone arcaico con la Gorgone tra due leoni. Ci sono anche belle statuine di bronzo e tre idoletti cicladici del III millennio a.C. Sotto il sole cerchiamo disperatamente un posto dove mangiare, e finalmente ci sediamo sotto gli alberi sulla Spianada. Sul lato della grande piazza si nota un edificio in stile veneziano con portici e lanterne appese sotto ogni arco. Con le macchine andiamo poi alla villa Mon Repos che ingloba vestigia della città antica (Paleopoli). Infine filiamo, sudati e accaldati, fino a Paleocastritsa dove ci attende un panorama splendido. Baie blu e promontori verdi di pini, cipressi, case e spiaggette, giardini in riva al mare. Il nostro albergo (Akrotiri Beach) giganteggia, ma comunque è in una posizione talmente bella che lo perdoniamo. A sinistra la vista è sulla baia più grande, con bella costa rocciosa, con grotte e scaletta per scendere sugli scogli. A destra la spiaggia della baia più piccola, dove ci sdraiamo subito fra gli ombrelloni. Bagno ristoratore e aperitivo sulla terrazza. Cena dalle ‘Nereidi’ dove si aspetta davvero troppo, ma il pesce arrosto è buono e freschissimo.
Sabato 5 settembre. Pochi si mettono in viaggio per visitare la costa nord dell’isola. La maggior parte si sparapanza sul mare per tutto il giorno e consuma il lunch sotto la tettoia del bar “Poseidon”, alla brezza di mare, in una situazione ormai classica e piacevolissima della vita di mare in Grecia.. Doppi e tripli bagni in ambedue le calette; Nicoletta prova anche la piscina blu dietro la spiaggia. Astrid riesce a bruciarsi faccia e collo, nonostante fosse già abbronzata. Quelli che si sono avventurati nel giro in macchina appaiono poco entusiasti: a parte il bel bagno le coste dell’isola sono deturpate dalla folla e dal caotico sviluppo delle troppe costruzioni. Ancora aperitivo sulla terrazza e poi cena in alto al ristorante Bella Vista, che deve obbiettivamente il suo nome alla splendida posizione.
Domenica 6 settembre. Su Paleocastritsa la mattina alle 7 compare una nuvola nera. Poi si comincia a vedere qualche lampo. Dopo poco, con forti schianti, cadono saette in mare una dopo l’altra. I nuvoloni, ora nerissimi, si estendono sul promontorio. E a un certo punto, a suon di fulmini, scoppia un temporale violento: in pochi minuti la pioggia a vento oscura il panorama, tutto è grigio e non si vedono più gli scogli di fronte. Mentre facciamo colazione va via la luce dall’albergo; ma poi torna e la pioggia si dirada presto. Prendiamo veloci il traghetto delle 9.30 per Igoumenitza. Sulla terraferma imbocchiamo l’autostrada per Trikala, che è la nuova Via Egnatia, piena di tunnel che trapassano le montagne e non consentono di vedere il valico e il paese di Métsovo da sopra. Da lontano si rivede il lago di Ioannina. Ma il pulmino bianco è in riserva, e non si vedono distributori all’orizzonte; finalmente ne troviamo uno aperto (è domenica) alla periferia della città; c’è anche un bel bar con tanti dolci da comprare.
Quando arriviamo in vista delle Meteore sono quasi le due. Queste montagne scenografiche rivelano i loro pinnacoli spettacolari via via che ci giriamo intorno. Purtroppo c’è un gran traffico di pellegrini ortodossi e di turisti, soprattutto provenienti dalla Polonia, dalla Repubblica Ceca, Bulgaria, Romania, ecc. Gli autobus turistici e le macchine provocano ingorghi. Arriviamo infine alla Grande Meteora, dove tutti salgono su per una lunga scala quasi aerea, in posizione straordinaria. Alcuni si fermano invece al belvedere a fare fotografie. Viene poi un forte scroscio di pioggia proprio al momento di ripartire. Anna sale in macchina tutta bagnata; si leva la maglietta fradicia e si avvolge in uno scialle.
Arriviamo a Trikala dove ci aspetta un comodo e tranquillo alberghino vicino al fiume (hotel Divani), che dà su una piazza alberata. Andiamo a visitare l’Asklepeion, uno dei più antichi, visto che questa è la città natale di Asclepio; ma resta ben poco da vedere. Nicoletta, Riccardo Nora, Teresa e Alberto bevono una birra nella città vecchia; poi andiamo tutti a cena in un grazioso ristorante tenuto da un certo Vassilis, un simpatico giovane con un bel naso e la barbetta. Dopo cena Riccardo e Marco ci leggono le loro poesie sui morbidi divani dell’hotel Divani.
Lunedì 7 settembre. La mattina presto a Trikala si è formato il mercato in piazza, con grandi banchi di frutta e verdura. Per tornare in tempo ad Atene partiamo piuttosto presto, stipiamo i bagagli sui pulmini per l’ultima volta. Corriamo per i rettilinei della pianura tessala fino a Karditsa, attraverso la vera Grecia agricola. All’altezza di Domokos giungiamo in vista del monte Eta (Οίτη) e della catena che chiude l’accesso alla Beozia. Sotto di noi la valle delle Spercheo; ma il tempo è grigio e il panorama non ci commuove. L’autostrada scorre accanto alle Termopili e poi s’insinua tra le alture rocciose e rossastre verso Ptoo e la Beozia. Alberto, che ha dato il cambio a Primo alla guida, corre parecchio e Astrid col pulmino blu dura fatica a tenergli dietro. Nel gran traffico che si crea nell’avvicinarsi ad Atene, azzecchiamo il bivio giusto per l’aeroporto di Markópulos e arriviamo spediti a destinazione. Ma la ricerca dell’imboccatura esatta dell’autonoleggio ci costringe a un doppio giro! Seguono lunghe discussioni per valutare il danno del piccolo incidente di Préveza (2 settembre), ma infine la cosa si risolve bene, col pagamento di una cifra più che ragionevole. In aeroporto cominciano i saluti di rito; anche questa volta Riccardo rimane per il suo annuale pellegrinaggio ad Eleusi. Baci e abbracci; la prossima Periegesi sarà – pare – ai santuari di Samo, Delo ed Efeso. Alla prossima!
Alcuni detti della Periegesi 2009
Marco,alla ricerca del suo cuscinetto poggia-testa: “Parakalò, dammi il para-collò”.