XX° Periegesi, una cronaca

Dal 28 Agosto al 5 Settembre 2021

Un viaggio dalla lunga gestazione. Rimandato, ridotto, ripensato sotto la pressione incessante di Chronos che tutto cambia. Dunque dimidiato sia nel programma che nei partecipanti. Lo spirito però è rimasto sempre quello: un viaggio nel mondo antico che mira a trovare l’invarianza nella estrema variabilità delle cose.

Sabato 28 Agosto

Ci ritroviamo a Myconos, alla spicciolata, provenendo da varie parti d’Italia. Gli scampoli del giorno ognuno li impiega secondo un suo progetto non ancora accordato: bagni di mare, percorsi per i vicoli della Chora, ricerca di tracce di viaggi passati. Per esempio i vicoli della “Piccola Venezia” e un ristorante amato (“Paraportiani”) in una piazzetta proprio dietro il Demarcheio (il Municipio). Un pezzo di Grecia che resiste all’insidia del tempo: ai ristoranti italiani e ai negozi di prodotti tipici greci, fatti in Cina. Si va e viene dal nostro albergo con un water taxi, abbastanza efficiente che ci prende al Porto Nuovo, proprio sotto il nostro albergo (il “Paradision” di Tourlos) e ci porta nel cuore del vecchio porto, proprio dove c’è l’imbarcadero per Delos, che sarà la nostra meta di domani.

In albergo il receptionist è un greco della diaspora: nato in Russia da madre greca, cresciuto in Kazakistan e poi in Crimea, approdato a Thessaloniki. Si sente greco fino in fondo, ma non conosce Kavafis, né Elitis. E se ne rammarica. Strano per un greco.

Domenica 29 Agosto

L’alba arriva sul terrazzo di camera, è gentile e ha il passo felpato. Durante la colazione, a bordo piscina, il gruppo comincia a ritrovarsi. Alle 10 saremo quasi tutti sul battello “Orca” in partenza per Delos. Non affollato come di norma. L’isolotto del dio è già inondato di sole, i passeggeri sciamano fra le rovine. Noi cominciamo a fare conoscenza. Ci sono nuovi compagni di viaggio. Anzi sono la maggioranza. Quando il gruppo sarà al completo saremo undici in tutto e sei saranno nuovi acquisti. Tutti dotati di quel fervore, di quell’entusiasmo che caratterizzava i periegeti della prima ora: una lieta sorpresa.

Iniziamo la visita dell’isola cominciando dal santuario del dio. Percorriamo la via sacra che dalla grande Agorà dei Competaliasti arriva fino al Lago Sacro. Visitiamo quindi il quartiere intorno alla baia di Skadhana, con scavi ancora in corso. Per poi passare agli impianti sportivi della zona nord: i ginnasi, lo stadio, le terme. Proprio di fronte alle rovine della Sinagoga troviamo il modo di fare un bagno lussurioso: acque cristalline, silenzio, una costa bruciata dal sole e l’abisso dei secoli che ci guarda. Con, in più, anche il fascino del proibito (il bagno, in tutta l’isola, è “severamente vietato”).

Mangiamo qualcosa, su una panchina del sinedrio, dentro la sinagoga. Poi riprendiamo la nostra esplorazione sotto un sole impietoso. Il Museo Archeologico è chiuso, in riallestimento. Ci viene concesso di dare un’occhiata alle sale, con le statue tutte impacchettate e facciamo amicizia con una custode che già avevamo incontrato al mattino, all’interno del sacrario di Apollo. Si chiama Katerina, ha girato il mondo e vanta un nonno italiano. Ha visibilmente piacere di stare con noi (“mia faccia, mia razza”), vanta amici italiani, fra cui anche un certo Massimo che pochi giorni prima ha accompagnato in visita all’isola di Rheneia. Si tratta di Massimo Osanna. Il mondo è piccolo. Insieme progettiamo un viaggio lì, anche per noi. Lei si dice disponibile e non è detto che la fantasia non abbia un seguito.

Proseguiamo risalendo la valle dell’Inopo fino alla sommità del Cinzio, la cima più alta dell’isola: ben 200 m slm! Prima però facciamo una deviazione all’antro del Cinzio, in epoca tarda sede di un culto di Herakle, ma con un uso cultuale che risale molto, molto più indietro nel tempo.

Dalla cima del Cinzio la vista è superba, con le Cicladi che si dispongono a corona (ciclos) intorno all’isola del dio. Ovunque piccole montagnole di sassi (in montagna si chiamano “omini”) che si possono leggere come un omaggio moderno allo spirito del luogo: il pellegrinaggio non si è mai interrotto, sono solo cambiate le forme.

Si discende verso il quartiere commerciale che si accrebbe, specie in epoca romana, accanto a quello sacro, a fare dell’isola uno strano connubio fra tempio e bottega. Ma fu poi tanto strano? Anche Gerusalemme non doveva essere tanto diverso. Percorriamo le vie della città, strette e senza una struttura ippodamea, come da tante altre parti. Lo sviluppo deve essere stato caotico. Un po’ come quello delle nostre città al tempo del boom economico. Molte semplici case, molte botteghe, ma anche ville di lusso, atri e peristili, aule mosaicate, talvolta con opere di fine fattura. E poi il teatro che dà il nome a tutto il quartiere. Un teatro greco che, nonostante l’epoca e l’ambiente cosmopolita, non sembra aver ceduto al gusto romano per i giochi circensi.

Si sente, forte, l’odore del mare e il richiamo è irresistibile. Guadagniamo la riva e ci allontaniamo verso la baia di Fournia. Ma questa volta non sfuggiamo allo sguardo del Cerbero di turno che ci richiama. Comunque il richiamo del mare è assai più imperioso e qualcuno, furtivamente, ritorna alla sinagoga e alla sua spiaggia riparata per compiere quasi un rito serale, prima che il sole tramonti. Chi resta continua il viaggio fra le rovine, alla ricerca delle tracce di frequentazione più antica: la fonte minoica, le tombe delle fanciulle iperboree, il tempio di Artemide, il Letoon. E poi anche alle nuove aree civiche che sorsero accanto a quelle sacre: l’agorà di Teofrasto, il tempio dei Posedoniasti…

Torniamo a Myconos mentre tramonta il sole. Ceniamo vicino al vecchio porto, molti ad un ristorante di pesce molto quotato, altri al solito Paraportiani (letteralmente: “a due passi dal porto”) dove tutto è tranquillo e c’è sapore di Grecia. Il cameriere ci rivede e non può fare meno di dire “mia faccia, mia razza”: e due!

Torniamo con il taxi d’acqua su cui entra una comitiva di giovani russi, chiassosa e alcolica. Le donne si prendono cura dei maschi fradici di alcol. Forse si erano attrezzate ad altri esiti. Lo si deduce dagli spacchi e dalle belle carrozzerie messe in grande evidenza. Ma ora si dedicano ad un attento maternage di uomini abbrutiti che contrasta con l’abbigliamento e umilia dei corpi imperiali. Eccola l’anima della donna russa! Che sa piegarsi ad essere badante o puttana, ma sempre con un distacco che fa pensare ad un progetto lungimirante: superiore alle contingenze a agli “omini” con cui si interfacciano.

Lunedì 30 Agosto

Oggi ci trasferiamo a Tinos, il traghetto è al nuovo porto, di fronte al nostro albergo. Si parte alle 11. Ma prima andiamo al Museo Archeologico di Myconos. E’ stato recentemente riallestito, con ampio spazio alla guerra di liberazione delle Cicladi. Interessanti i cartelli didattici che pongono in risalto come il Risorgimento greco rappresenti la prima realizzazione delle idee nazionali cresciute nell’Europa romantica. Sempre incantevole il pythos con la presa di Troia, con tanto di scene che sembrano una strage degli innocenti scolpita un migliaio di anni prima delle rappresentazioni cristiane. I materiali esposti vengono essenzialmente dalla fossa di Rheneia, dove furono trasferite le tombe di Delos a seguito della purificazione dell’Isola. C’è anche un bel kilix di bucchero, proveniente dalla costa anatolica, che sembra di produzione etrusca. Del resto Erodoto dava per certa la loro provenienza dalla Lidia.

Bel museo. A guardia un gatto che la custode riferisce non allontanarsi mai durante l’orario di visita. Sembra abbia presidiato il museo anche quando era chiuso per il Covid. Nobile e distaccato l’ho battezzato Aristodemo. Mi sembra un nome appropriato.

Il traghetto per Tinos è un velocissimo catamarano. In men che non si dica siamo lì. Lasciamo i bagagli all’hotel “Favie Suzanne”, affittiamo un van e partiamo per Kiona: dove c’è una bella spiaggia e il santuario di Poseidone e Anfitrite. Il sito sta per chiudere e siamo gli unici visitatori. Le emergenze sono tutte di epoca tarda, ma la frequentazione del luogo è antichissima. In epoca classica ed ellenistica funzionava come tappa di preparazione prima di presentarsi da Apollo, nell’isola sacra. Qui ci si purificava, nel corpo e nell’anima. Oltre al tempio di Poseidone, conservato il trepidario e lo stilobate, c’è anche un Asclepeion e delle strutture termali. Anche qui una via sacra che portava al mare, ora interrotta dalla strada. Partendo da Anfitrite ci apriamo a una lunga discussione all’ombra di una pianta.

Alla chiusura del sito ci concediamo un lungo bagno sulla spiaggia di fronte.

La fame di cibo non si fa sentire. O ha semplicemente lasciato il posto a una fame di conoscenze e di luoghi. Si prosegue per Xomburgo passando per stradine interne dell’isola. Approdiamo ad un monastero ortodosso che, secondo alcuni, sorgerebbe laddove insisteva un santuario della Grande Madre che guardava direttamente il santuario di Apollo a Delos.

Qui era la città antica, abbandonata e poi ricostruita in epoca veneziana per difendersi dalle scorrerie dei pirati. Per un breve sentiero arriviamo al Kastro veneziano. Da qui una magnifica vista sulle isole mentre il sole declina.

Rientriamo alla Chora e riconsegniamo il van. Il gruppo ora è completo perché sono arrivati anche gli ultimi. Siamo in 11.

Ci ritroviamo tutti insieme in un bistrot che si rivela una fregatura: caldo, rumoroso, un tentativo (fallimentare) di trasferire una formula parigina in un altro ambiente. Una nota stonata, forse l’unica in tutto il viaggio.

Martedì 31 Agosto 21

Andiamo subito alla Panagìa, un santuario di culto mariano, dedicato alla “Tutta santa”, in cui taluno vede un succedaneo del culto di una Grande Madre Mediterranea che nell’isola ha ascendenti antichi: da Anfitrite al supposto tempio di Xomburgo. Il tempio è suggestivo, di recente costruzione, usando pietre proveniente dal santuario di Apollo e da quello di Poseidone. Come si può vedere la santità dei luoghi resta attaccata alle cose. Anche in senso concreto. Il santuario è officiato. Girovagando qua e la ci imbattiamo in vari marmi provenienti da Delos e anche in uno dei leoni, proveniente dalla terrazza dei leoni di Apollo.

Il tempo passa veloce. Si è già fatta l’ora di prendere il traghetto per Andros e in un paio di ore arriviamo a Gavrios, il porto sulla costa occidentale dell’isola. Il nostro albergo (l’Andros Holiday Hotel) è poco distante dall’imbarcadero. E’ direttamente sul mare con una bella piscina.

Ripartiamo subito per il centro del paese. Mangiamo qualcosa e affittiamo tre auto. Immediatamente partiamo per visitare le tante emergenze archeologiche dell’isola. Che è fuori dalle grandi mete turistiche, pur essendo di grande bellezza naturalistica, interesse storico – archeologico e come vedremo anche mitologico.

La prima tappa è ad Aghios Petros, dove c’è una bella torre ellenistica di incerto significato. Probabilmente un rifugio per le vicine cave di materiali ferrosi.

Passiamo poi al monastero di Zoodochos Pygi (letteralmente: “La fonte che dà la vita”), una delle possibili sedi delle nozze fra Dioniso e Arianna, con il miracolo della trasformazione dell’acqua in vino. Una sede contesa: qui nell’isola con la Fonte delle Menites, che visiteremo domani, e naturalmente anche con l’isola di Naxos dove sarebbe avvenuto l’incontro fra i due. Il monastero è chiuso. Peccato! C’erano anche opere pregevoli di tipo scultoreo e pittorico: ci torneremo.

Si parte per Paleopoli lungo la costa ovest, ma anche qui è tardi e troviamo tutto chiuso. Ci fermiamo dunque ad Ipsile, anche qui chiuso. Poi proseguiamo fino a Zagora, dove non c’è nemmeno l’indicazione del sito archeologico. I tre villaggi rappresentano una testimonianza eccezionale della colonizzazione ionica avvenuta intorno al mille a.C., forse sulla spinta della migrazione dorica. Zagora sembra essere stato il primo villaggio dell’insediamento ionico, ben presto abbandonato per una causa che ci sfugge. Forse per mancanza di rifornimenti idrici, necessari all’aumento della popolazione. Da qui gli abitanti si sarebbero trasferiti a Paleopoli. Proviamo ad esplorare il sito, nonostante la mancanza di ogni supporto didattico. Del resto l’area è stata oggetto solo di un paio di campagne di scavo i cui risultati sono custoditi al museo archeologico dell’isola, ad Andros Town (li vedremo domani). Gli scavi sono stati condotti dall’Università di Sidney. Nel nostro pellegrinare non si riesce a trovare nemmeno la parte scavata. Ovunque muri a secco dalla particolarissima fattura. Qualche villa privata, panorami mozzafiato. Ci arrendiamo tardi, non rinunciando a fare ipotesi. Scopriremo che la parte scavata era ancora più in basso, più vicina al mare. Un altro posto dove tornare.

Intanto si è fatta sera. Un salto in albergo e poi ad un ristorante vicino. Tranquillo e tipicamente greco dove passiamo una serata piacevole.

Mercoledì 1 Settembre

La colazione è allietata da una torma di greci anziani. Non sono poi tanto più vecchi di molti di noi, ma la sensazione è di avere a che fare con una gita parrocchiale di quelle che piacevano ai nostri nonni. Parlano ad alta voce, ti si rivolgono in greco, sorpresi ed indispettiti se non capisci, non rispettano le file, e mangiano… Mangiano a quattro palmenti: pilate di croissant, insieme con uova e olive, yogurt, torte salate e miele… Il tempo non scorre in sintonia e queste discrepanze permettono di dare uno sguardo al passato. Non era poi tanto tempo fa che la Grecia era un paese levantino! Che sapeva “…di polvere, incenso e orina” come diceva J. Brodsky.

Alle 9 si parte per il museo di Paleopoli che ieri abbiamo toppato. È interessante, con molti reperti ed un buon apparato didattico che sottolinea il legame con tutta la rinascenza euboica, di cui Andros è parte integrante.

Il sito archeologico è chiuso (“per restauri”) e dunque ci trasferiamo ad Andros Town, la capitale dell’isola. Nel bellissimo Museo Archeologico troviamo i reperti che gli australiani hanno raccolto a Zagora. Riusciamo ad individuare anche la giusta locazione della interessante città del periodo geometrico.

Percorriamo poi il centro cittadino, ben conservato, in uno stile cicladico non posticcio. Arriviamo fino alla punta protesa sul mare con il castello veneziano e il monumento al migrante.

Andiamo a pranzare a un ristorante che fa al caso nostro nella vicina spiaggia di Stenies. Davanti una baia lunga, con acqua cristallina e subito profonda. L’occasione per ripetuti bagni.

Da qui, “dopo aver cacciato il desiderio di cibo e di bagni…” ci trasferiamo al villaggio di Menites, alla ricerca della fonte di Dioniso. La troviamo all’interno di una stretta gola, fresca di acqua e verzura. Il luogo diventa l’occasione per una lunga discussione sulle Dionisie, su nozze e trasformazione, a cominciare dall’acqua che diventa vino. E naturalmente anche sulla permanenza di stilemi mitologici in contesti religiosi diversi.

Rientriamo in albergo che è quasi buio. Si cena in una trattoria sul porto di Gavrios.

Giovedì 2 Settembre

Si parte di buon mattino per Rafina, sul continente. Allo sbarco troviamo l’autista e il nostro pulmino. Partiamo subito per Ramnunte. Qui di fronte ai templi di Nemesis e Temi riflettiamo sulla genitura di Elena e sulle divinità della giustizia, poi ci rechiamo a piedi fino alla fortezza attica che insiste su una cittadella micenea. Direttamente sul mare, erano entrambe deputate al controllo del canale di Eubea. Il paesaggio intorno è selvaggio: un mix di natura, storia e cultura che lo avvicina a quel sublime che cerchiamo seguendo Pausania e che talvolta si fa anche raggiungere.

Quando si riparte l’autista asserisce che il Museo di Maratona sarebbe aperto. Proviamo, ma è chiuso. Così il tumulo degli ateniesi.

Approdiamo sul mare di Maratona. Il corpo di spedizione persiano si è ritirato e, anche se sono le 5 del pomeriggio, molti si concedono un pasto completo.

Il tempo è cambiato, ora c’è un vento del nord ed il clima è decisamente raffrescato. Arriviamo a Aghioi Apostoloi, al Dolphin Resort Hotel, in mezzo ad una brutta periferia. A piedi e alla spicciolata ci rechiamo verso il porto di Aghioi Apostoloi per la cena. Chi non ha mangiato nel pomeriggio si ferma alla taverna “Gonia tou Teodora” (Gli eredi di Teodora), dai molti, fascinosi rimandi. Gli altri soggiornano in una gelateria sul mare.

Venerdì 3 Settembre

Oggi si parte un po’ più tardi: alle 9,30. Alle 10 siamo al Santuario di Anfiarao. Ci siamo già stati altre due volte e anche questa non delude. Intanto per l’amenità del luogo: una valle stretta, selvaggia e vestita di fitta vegetazione, attraversata da un torrentello. Sulla cui riva sinistra ci sono le rovine del santuario dell’indovino Anfiarao, che, morto sotto le mura di Tebe, sarebbe stato qui trasferito attraverso un ghiasma: una aperura della terra per volere di Zeus. La visita è allietata anche da un’interessante performance di Riccardo che coinvolge tutti, prima al teatro, poi vicino alla fonte sacra. Qui viene analizzato un sogno di Martina, con Riccardo che continua nello show.

Si riparte che è passato mezzogiorno. Con molti giri inutili e tortuosi l’autista ci porta di nuovo a Maratona dove riusciamo a visitare il Museo archeologico, meno interessante che nel ricordo. La memoria è sempre una ricostruzione, non solo una rievocazione: un processo attivo in cui i fatti vengono rivissuti e spesso modificati.

Poi torniamo sulla spiaggia di Maratona, al ristorante Limenaki, dove siamo stati più volte in passato. Si mangia a quattro palmenti e si fanno quasi le 5.

Durante il viaggio verso Atene io parlo dei Riti Eleusini come prologo alla via sacra (la ierà odòs) che domani andremo a percorrere.

L’albergo, il Polis Grand Hotel, vicino a piazza Omonia, è lo stesso di due anni fa. L’autista ci lascia a Monastiraki. Si entra nell’agorà e decidiamo di percorrere, già da subito, il tracciato intraurbano della via sacra: dall’Eleusinon alla Ierà Pilè, la Porta sacra che attraversava le mura di Temistocle. Non si può visitare l’Eleusinon (il tempio di Demetra in Atene) perché la zona è sottoposta ad una accurata sfalciatura.

Lunga sosta all’altare dei 12, di cui sono rimasti solo alcuni lacerti. Fra l’altare e la Loggia Dipinta (la Stoà Poikilè) i misti si raccoglievano dietro al plaustro con le cose sacre di Demetra per iniziare la processione sacra verso Eleusis (la ierà pompè). Facciamo un giro per l’agorà e poi andiamo verso il Keramicos, il quartiere industriale di Atene, che vediamo dall’esterno cercando di individuare il percorso della via Panatenaica che, in questo tratto intraurbano, coincideva con la via sacra per Eleusi. Al Pompeion, ben osservabile a ridosso delle mura di Temistocle, la processione si arricchiva anche dei paramenti sacri e attaversava la Ierà Pilè per imboccare il tratto extraurbano della via sacra. Domani partiremo di qui.

Alla sera ceniamo alla spicciolata. Molti sulla terrazza dell’albergo. Altri al Titamos, un grazioso ristorante, molto greco, a cui siamo molto affezionati.

Sabato 4 Settembre

Ci ritroviamo all’imbocco della via sacra dopo le 9. Non tutti invero, alcuni si sono attardati, altri hanno desistito di fronte all’impegno, anche fisico, del percorso, altri ancora hanno voluto fare qualche florilegio ateniese.

Nel primo tratto della via sacra però il gruppo si ricompone con qualche defezione. Cerchiamo di divinare la sede dello Iaccheion, poi della casa di Fitalo, le cui pietre sembrano essere servite a costruire la chiesa di Aghios Sabbas.

Qui una signora, una specie di perpetua ortodossa, ci offre caffè e biscotti. Deliziosa. Come i misti cerchiamo di fare le soste nei punti più significativi e dai molteplici rimandi, secondo una modalità che ricorda le nostre processioni lungo la via crucis.

Dopo la casa di Fitalo ci fermiamo laddove i lavori della metro hanno evidenziato il vecchio letto del Cefiso attico. Sono riemersi anche i pilastri di quello che forse è stato il primo ponte della Grecia.

Segue la sosta alla stazione dell’Aigaleo dove è stata riportato alla luce un vero e proprio tratto della via sacra.

All’interno della stazione sono esposti anche molti reperti trovati durante gli scavi, in loco.

Cerchiamo di divinare la presenza del tempio di Kyamites i cui resti sembrano essere stati reimpiegati nella chiesa cattolica di San Giorgio. Ora la strada è in lieve salita e la fatica si fa sentire. Va detto che tutta la via sacra non è segnalata, né turisticamente valorizzata. Si spera che qualcosa si faccia con il 2023 quando Eleusi sarà capitale europea della cultura. Ma non ne sarei sicuro.

L’arrivo alla sella dell’Aigaleo è un momento di riposo e di frescura. Siamo all’interno di un parco di alloro che, ricordiamo, è la pianta sacra di Apollo. Qui insisteva il tempio di Apollo Dafneios, dedicato alla metamorfosi di Dafne. Proibito il culto antico, la nuova religione, dopo le distruzioni, ha riusato luogo e pietre per costruire un monastero e una splendida chiesa con tanto di mosaici di bellezza assoluta. I luoghi sacri continuano a testimoniare la loro vocazione anche in una dimensione diacronica.

Riprendiamo la strada verso il tempio di Afrodite e i laghi Reithoi. Ora il percorso si fa molto difficile ed anche un po’ pericoloso. Si tratta infatti di percorrere il lato di una strada trafficatissima, con banchine non manotenute. L’arrivo sul mare diventa l’occasione per un bagno e per una riflessione sulle soste dei misti, sia al tempio di Afrodite che sui Laghi Reithioi. Devastato dall’uomo l’ambiente che stiamo attraversando doveva avere una bellezza potente ed anche un po’ inquietante.

Cechiamo invano suggestioni della presenza della casa dei Krokonidi. Ci consoliamo pensando che già Pausania, nel II° sec d.C., non l’aveva trovata. Stessa cosa per la Tomba di Eumolpo che Pausania però definiva “monumentale”. Chissà se qualche scavo, in questa periferia degradata, la potrà un giorno far riemergere contribuendo a ridare dignità al luogo e ai Misteri. Del resto l’oracolo aveva predetto che i destini della Grecia sarebbero sempre stati legati ai Sacri Misteri di Eleusi (Eunapio di Sardi). Non c’è stata profezia più azzeccata: la chiusura del tempio coincise con le devastazioni barbariche e con la disgregazione dell’Ellade. E la sua riscoperta (all’inizi dell’800) con l’inizio del cammino verso l’indipendenza.

Giungiamo infine al ponte sul Cefiso Eleusino, anche questo non più coincidente con il fiume attuale. L’importanza e la sede del luogo è testimoniata dalla presenza del ponte romano fatto costruire da Adriano, quando anche lui, imperatore, si fece semplice misto sulla via per Eleusi. Il manufatto romano, anche esteticamente bello, è sovrastato da un ponte moderno: un pugno in faccia.

Arriviamo ad Eleusi nel tardo pomeriggio. I misti avevano cura di arrivare un po’ più tardi, al crepuscolo. Tanto che tutte le fiaccole, di cui ognuno era provvisto, venivano accese, creando un effetto scenico suggestivo. Ce ne dà una descrizione Aristofane ne “Le Rane”. All’arrivo, il tempio doveva apparire illuminato e nascosto dietro le alte mura. I misti non entravano, ma noi troviamo il santuario aperto e non sappiamo resistere. Ci sediamo alla fonte Kalliroe e poi passiamo i propilei, soffermandoci sul Plutonium, il luogo da cui Persefone sarebbe ritornata dall’oltretomba. Una visita più accurata la rimandiamo a domani.

Il gruppo si è ricostituito dopo il morcellement seguito al lungo e periglioso viaggio. Ci separiamo per la cena, ognuno seguendo i suoi percorsi. Era un po’ così anche per i misti.

Domenica 5 Settembre

Al mattino riprendiamo la visita del sito, soffermandoci su ciò che resta del Triptoleum, il santuario di Triptolemo, fondatore dei Misteri. Qui la processione si scioglieva e i paramenti sacri venivano accolti. Si trattava della sede ufficiale dello ierofante, a tutti gli effetti il successore di Triptolemo. Del sacrario antico non resta niente e per un millennio se ne perse pure la memoria. Ma da qui ripartì la rinascita di Eleusi, quando venne scoperta la lastra incisa con la raffigurazione di Triptolemo fra Demetra e Persefone.

Con le pietre del sacrario di Triptolemo sono state costruite varie chiese cristiane. Almeno tre, secondo i dati emersi dagli scavi: una prima chiesa paleocristiana, poi una basilica bizantina distrutta dai turchi. Ed infine l’attuale chiesa di san Zaccaria che ora visitiamo, proprio mentre c’è la celebrazione ortodossa dell’eucarestia. Intorno sono in corso ulteriori scavi.

Il nostro obbiettivo è rivivere il “sesto giorno” dei sacri misteri cercando emergenze archeologiche tutt’intorno. Era del resto ciò che i misti facevano in questa giornata dedicata a cercare i luoghi che avevano visto il disperato pellegrinaggio di Demetra alla ricerca della figlia che le era stata proditoriamente sottratta. Ci dirigiamo dunque verso la necropoli scavata in anni recenti da Cosmoupolos. Percorriamo per un tratto la via per Tebe e Delfi, anche questa ora una frequentata camionabile. Ma dopo un po’ desistiamo: ci informano che è un po’ troppo lontano.

Torniamo dunque a visitare il santuario concentrandoci ora sul Telesterion e sull’Anactoron, il sancta sanctorum. Cerchiamo di immaginarci la notte della iniziazione. Saliamo infine sull’acropoli alla ricerca del palazzo di Celeo. La zona non è scavata ed è completamente abbandonata alla incuria.

Ora urge il ritorno. Il gruppo si frantuma in sottogruppi che si dirigono verso l’aeroporto per raggiungere la propria quotidianità. Era così anche per i misti. All’ottavo giorno. Quello della epistrophé.